San Siro: per sottrarlo al vincolo si potrebbe vendere ai privati. Come scrivevo fin dal 12 maggio 2023.
Analizziamo gli ultimi aggiornamenti ufficiali sul dossier San Siro.
Se San Siro dovesse diventare privato, cioè di proprietà delle squadre come è negli intenti, il vincolo non scatterebbe in modo automatico, come riportato dall’ANSA. Inoltre, sul secondo anello potrebbe essere previsto un vincolo solo in parte, così da consentire la rifunzionalizzazione dell’impianto: è quanto ipotizzato in un incontro a Palazzo Marino, sede del Comune di Milano sullo stadio di San Siro tra sindaco Giuseppe Sala, la sovrintendente ai Beni culturali Emanuela Carpani e i club. Al centro del confronto il tema del vincolo che dovrebbe scattare dal 2025 sul secondo anello dello stadio e che potrebbe rappresentare un problema per le squadre che intendono realizzare un nuovo stadio accanto al Meazza e rifunzionalizzare San Siro.
"Ha già riferito la Soprintendenza in maniera precisa e puntuale, non occorre aggiungere altro”. Così il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, dopo l’incontro con i club e la Soprintendenza ad Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Milano, per approfondire il tema del vincolo sul secondo anello di San Siro. “Tempi? A questo punto ne abbiamo visto talmente tante che preferirei non parlare più finché non c’è qualcosa di concreto. Parteciperò al tavolo di lavoro perché ci credo, è mio dovere, è una opzione che io difenderò. Reazione squadre? Chiedete alle squadre” ha continuato. “Se il processo va avanti? Se sentite le parole della Soprintendente sì” ha concluso.
Un pronunciamento tecnico che non cambia la sostanza dei fatti, cioè che non fa sparire di colpo i problemi: quelli di natura economico/finanziaria collegati al vincolo, quelli di natura urbanistica e quelli di natura politica.
Resta sul tavolo la cessione del bene immobile, con tempistiche molto nebulose e una procedura irta di ostacoli (ne parlo più avanti). Una soluzione che lo scrivente, in anteprima, aveva spiegato fin dal 12 maggio 2023 ---> Link
In quell'approfondimento individuavo due soluzioni al "Ginepraio San Siro":
1 – LA SOPRINTENDENZA SI ESPRIME SUL VINCOLO PRIMA DEL DOVUTO
Questa soluzione è avvenuta con un parere anticipato non vincolante.
2 – VENDERE LO STADIO A ENTRAMBI I CLUB PRIMA DEL 2025
Cosa affermavo sul punto ben sedici mesi fa?
Ad oggi lo Stadio è un bene Comunale non sottoposto a vincolo, quindi è liberamente commerciabile, tant’è che Sala lo ha già proposto ai club.
Per sottrarlo alla disciplina vincolistica di cui discutiamo, ossia quella degli enti pubblici e in particolare quella sancita dall’art. 12 del Codice dei Beni Culturali, sarebbe sufficiente vendere lo stadio ai club. In quel modo l’impianto diventerebbe bene privato e sarebbe sottratto al regime vincolistico di cui all’art. 12 (che richiama solo l’art. 10 comma 1 che fa espresso riferimento ai beni pubblici), rientrando soltanto nel regime vincolistico di cui all’art. 10 comma 3, cioè quello dei privati, già però escluso dalla Soprintendenza che (escludendo i vincoli ai sensi degli articoli 10, 12 e 13 del Codice) non ha ritenuto in capo a San Siro una valenza “per riferimento” e “per testimonianza identitaria”.
In questo caso il problema da superare sarebbe di natura economica: nel 2019 Sala ha affermato che San Siro, in base a un parere dell’Agenzia delle Entrate, avrebbe un valore di circa 70 milioni di euro. Quindi i club dovrebbero sostenere un costo aggiuntivo non indifferente per mettere “in banca” il problema vincolo e poter liberamente demolire l’impianto dopo le Olimpiadi del 2026.
Il Comune, per quanto possa andare incontro ai club, non può svendere o regalare l’impianto perché si tratta di un bene pubblico e i conti comunali sono sottoposti a vigilanza da parte della Corte dei Conti. Al massimo il costo della vendita potrebbe essere scontato/barattato in altro modo, magari dal canone che i club dovranno pagare al Comune, dato che l’area dove sorgerà il futuro stadio resterebbe di proprietà comunale, o in altro modo relativamente ai costi di manutenzione che attualmente i club sopportano su San Siro, circa 10 milioni annui complessivamente. Accordi che potrebbero aggirare legalmente il problema della Corte dei Conti.
Se si vuole restare a tutti i costi a San Siro (e spero che per il Milan non sia così), lo scrivente non vede altre soluzioni praticabili, se non – in ultima istanza – attendere a braccia conserte il 2025 e sperare che la Soprintendenza, per motivi difficilmente individuabili, non confermi il vincolo scattato ope legis.
Dunque, veniamo ai giorni nostri.
Per alienare San Siro è necessaria un'asta pubblica, e si può procedere a trattativa privata solo se almeno due aste pubbliche vanno deserte. Se questo avvenisse prima della estate 2025 (data in cui scatta il vincolo), San Siro verrebbe sottratto alla disciplina vincolistica dei beni pubblici; quindi, diventando bene immobile privato, sarebbe liberamente demolibile e trasformabile dai club. Tutto semplice? No, perché l'alienazione dovrà passare attraverso una decisione del Consiglio Comunale. Motivo? Ad oggi la proposta votata già dal Consiglio Comunale si basa sulla cessione del diritto di superficie delle aree, che rimarrebbero di proprietà comunale.
Lo spiega lo stesso Comune nei documenti riguardanti la procedura oggi messa in stand-by: "Dal punto di vista finanziario la proposta aggiornata al 2022 si basa sul completo finanziamento dell’investimento complessivo a carico delle Società. Le aree (che rimangono di proprietà comunale) vengono cedute in diritto di superficie per 90 anni, a valere su un corrispettivo complessivo pari a circa 195,8 mil/€, pari ad una rata annua di circa 2,2 mil/€".
Ergo, un'alienazione delle aree o dell'immobile dovrà passare dal Consiglio Comunale.
Se si scavalla l'estate 2025, e quindi si fa scattare il vincolo, l'immobile pubblico è comunque commerciabile. Vi è soltanto una prelazione in favore dello Stato da rispettare dopo il rogito, che sospende l'efficacia del trasferimento per 60 giorni, tempistica entro la quale il Ministero può acquistare il bene immobile allo stesso prezzo pattuito tra il Comune e il privato.
Commerciabilità a parte, il vincolo a quel punto non lo toglierebbe più nessuno. Quindi, in caso di alienazione post vincolo, si avrebbe un bene privato azzoppato da limiti posti dalla Soprintendenza. Altre soluzioni? Un colpo di coda all'ultima curva: il ricorso amministrativo avverso la dichiarazione ex art. 16 del D.Lgs. n. 42/2004.
Infatti, avverso il provvedimento conclusivo della verifica di cui all'articolo 12 o la dichiarazione di cui all’articolo 13 (il vincolo, ndr) è ammesso ricorso al Ministero, per motivi di legittimità e di merito, entro trenta giorni dalla notifica della dichiarazione. La proposizione del ricorso comporta la sospensione degli effetti del provvedimento impugnato. Il Ministero, sentito il competente organo consultivo, decide sul ricorso entro il termine di novanta giorni dalla presentazione dello stesso. Il Ministero, qualora accolga il ricorso, annulla o riforma l’atto impugnato.
Dunque, se ad esempio la dichiarazione formale di apposizione del vincolo dovesse arrivare in data 15 giugno 2025, il Comune di Milano potrebbe rivolgersi al Ministero dei beni culturali aprendo un procedimento amministrativo che, nei successivi 120 giorni, potrebbe confermare, cancellare o modificare il vincolo apposto dalla Soprintendenza e avallato dalla Commissione Regionale per il Patrimonio culturale della Lombardia. Quattro mesi a partire dall'estate del 2025 vuol dire fine 2025: il Milan entro quella data avrà già concluso l'Accordo di Programma.
Attenzione: se il provvedimento definitivo del Ministero non dovesse soddisfare le parti in gioco, ecco la tutela giurisdizionale che porta con sé i classici tempi indefinibili della giustizia italiana.
Quindi è possibile impugnare la decisione del Ministero per violazione di legge, incompetenza o eccesso di potere, mediante ricorso giurisdizionale al T.A.R. per l’annullamento dell’atto ai sensi dell’art.29 dell’Allegato 1 D. Lgs n.104 del 2 luglio 2010 entro 60 gg dalla notifica/comunicazione o dalla piena conoscenza dell’atto.
È altresì consentita la proposizione di azione di condanna al risarcimento del danno ingiusto derivante dall’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa o dal mancato esercizio di quella obbligatoria ai sensi dell’art.30 dell’Allegato1 D.Lgs.n.104/2010.
In alternativa al ricorso giurisdizionale, lo stesso interessato può presentare ricorso straordinario al Capo dello Stato ai sensi dell’art.8 D.P.R. 24 novembre 1971 n. 1199 entro 120 gg. dalla data di notificazione dell’atto, dalla sua comunicazione o piena conoscenza per motivi di legittimità.
Se invece nel 2025 una delle due squadre ancora non avesse iniziato o concluso il proprio percorso altrove (per il Milan sarà altamente improbabile perché, come detto, se tutto andrà bene l'iter a San Donato si chiuderà nel 2025, prima del traguardo obbligato del 15 aprile 2026, termine entro il quale per legge dovrà chiudersi l'AdP) e se uno dei club non avesse nemmeno avviato i lavori, potrebbe giovarsi di un eventuale parere positivo del Ministero dei beni culturali (a mio parere improbabile) che potrebbe cancellare il vincolo o modificarlo al punto tale da consentire una demolizione o rifunzionalizzazione più incisiva del vecchio San Siro. Soltanto in quel caso, quindi con un clamoroso assist del Ministero, una delle due squadre (oppure entrambe se nessuna delle due avesse iniziato i lavori altrove) potrebbe decidere di restare a San Siro riprendendo l'iter burocratico avviato nel 2019, cioè SEI anni prima. Ciò posto, se pure dovesse accadere questo, il progetto San Siro dovrebbe incastrarsi con il provvedimento del Ministero che potrebbe mettere dei paletti e, di conseguenza, non consentire uno sviluppo commerciale idoneo a un adeguato ritorno economico. Insomma, chi deciderà di restare a San Siro potrà anche farlo ma dovrà aspettare il 2025 inoltrato, verificare se il Ministero confermerà quanto detto oggi, oppure se cancellerà o alleggerirà ulteriormente il vincolo, e correre il rischio di trovarsi tra le mani un progetto castrato rispetto all'originale.
Il Comune di Milano, nei suoi documenti, ha già chiarito che nella ipotesi peggiore - ossia club che abbandonano l'impianto - dovrà sobbarcarsi almeno 5 milioni di euro all'anno per la gestione dello stadio. Soldi che dovranno essere recuperati dal bilancio comunale e, quindi, dai contribuenti milanesi. Ecco uno stralcio dove viene ammesso tutto questo:
"E’ importate sottolineare che l’eventuale scenario zero o inerziale dello status quo - non in linea con le previsioni del PGT – comporterebbe, in caso di abbandono della struttura da parte dei Club, la necessità di una gestione diretta dell’impianto da parte del Comune, con costi di manutenzione, che, solo per la parte straordinaria, si stimano in circa 5 mil/€ annui. È infatti prevedibile che non vi siano soggetti terzi che possano avere interesse a prendere in gestione la struttura, considerati i rilevanti costi di utilizzo e mantenimento che non troverebbero un equilibrato riscontro economico negli eventuali ricavi ipotizzabili per manifestazioni e iniziative diverse da quelle calcistiche di livello professionistico ed internazionale. Pertanto, la gestione e manutenzione dell’impianto non potrebbe che essere affidata alle squadre Milan e Inter, attuali concessionarie (scadenza concessione 2030)".
Appare evidente che al Milan convenga assolutamente portare avanti l'iter a San Donato - come effettivamente sta facendo - e poi, considerato che il vincolo scatterà nel 2025 prima della eventuale cessione dell'immobile ai due club (per tempistiche improbabile entro la prossima estate) impedendo quindi di sottrarre lo stadio alla disciplina vincolistica, verificato lo stato dei fatti, potrà decidere di avviare i lavori a San Donato e salutare definitivamente San Siro.
L'Inter, dal canto suo, dovrà decidere cosa fare a Rozzano dove l'esclusiva scadrà a fine gennaio 2025. Quindi entro quella data si capirà se il club nerazzurro vorrà proseguire su Rozzano o deciderà di attendere novità a San Siro... o a San Donato, ammesso che Cardinale decida di aprire le porte del suo progetto, quindi farsi rimborsare il 50% delle spese sostenute e condividere il nuovo impianto fuori città.
Ciò nonostante, la raccolta dei fondi necessari per la costruzione dello stadio non è iniziata ieri e le notizie riguardanti PIF probabilmente andavano lette anche in quell'ottica. Cosa vuol dire questo? Che difficilmente le tempistiche di Cardinale coincideranno con quelle di Oaktree, fondo che da pochi mesi è diventato proprietario dell'Inter e che, esattamente come Elliott a suo tempo (che prese un club, peraltro, con una situazione debitoria ben diversa) dovrà pianificare una ristrutturazione del club (incluso il bond da 391 mln in scadenza nel febbraio 2027), ancora ben lontano da un equilibrio di bilancio al netto delle plusvalenze. Metà stadio + bond (pagato da Oak o da mettere in conto sul prezzo per il successivo acquirente) fanno un miliardo di euro. A questo andrà aggiunta la valutazione dell'Inter + i debiti rimanenti. A voler restare bassi parliamo di circa 2,5 miliardi di investimento da parte del successivo acquirente del club nerazzurro. Più facile trovare qualcuno che metta questa cifra per l'Inter o temporeggiare e vendere il pacchetto senza tirar fuori altro denaro ed esporsi ulteriormente, rendendo più complicato un margine di guadagno? La risposta dovrà fornirla Oaktree, ma a naso direi che maggiore sarà l'esposizione del fondo californiano e più complicato sarà uscirne bene successivamente.
Lo stadio per Cardinale è prioritario, lo sarà anche per Oaktree? In quel caso, a mio avviso, avremmo già visto una cessione di quote di Sportlifecity. Infatti, più passa il tempo senza un aggiornamento di questo tipo e meno credibile sarà l'ipotesi di condividere San Donato. Anche perché parliamo di un affare da 1,3 miliardi di euro: non pensate che Oaktree vorrebbe condividere le scelte all'interno dell'Accordo di Programma? O ritenete che possa realmente delegare tutto questo percorso a RedBird e poi pagare 650 milioni per prendersi il pacchetto finito così come gli arriva? Mica è detto che il progetto così come lo sta costruendo il Milan possa piacere pure all'Inter. E allora, per questi motivi, non trovo assolutamente logico che un fondo che abbia realmente interesse a investire 650 milioni non abbia una sua rappresentanza in Sportlifecity e, quindi, dentro l'accordo di programma.
Parlavamo di fatti pubblici e documentabili, ricordate? Ecco, per ora atteniamoci al fatto che sul vincolo è stato confermato quanto lo scrivente aveva approfondito 16 mesi fa, che il Milan continua a portare avanti da solo l'iter a San Donato, e che entrambi i club continuano a dialogare con Milano per correttezza istituzionale.